Come diventare scrittori – La mia esperienza

Se siete capitati su questo articolo, probabilmente è perché volete diventare scrittori. Forse vi aspettate che vi snoccioli qualche magico segreto affinché possiate fregiarvi di questo titolo tanto ambito, ma vi anticipo che il consiglio, in realtà, sarà solo uno.

Esatto: basta solo un elemento per poter cominciare a definirvi scrittori.

Curiosi?

GLI ESORDI

Da qualche parte bisognerà pure iniziare. Per me era il lontano 2005, anche se scrivevo da almeno una decina d’anni – ovviamente niente di impegnato, solo una marea di incipit lasciati a occupare spazio su quaderni e computer. Quell’anno, però, avevo deciso di impegnarmi seriamente per diventare una scrittrice e così buttai giù i primi capitoli di ciò che consideravo il mio capolavoro.

Per avere un’idea di ciò di cui stiamo parlando, potete fare un salto qui (no, non è spam: preferirei sotterrarmi piuttosto che dichiarare la maternità di quella “cosa”, ma la situazione lo richiede).

Ero molto orgogliosa di quella storia. La consideravo priva di difetti, interessante, già la vedevo sugli scaffali delle librerie (non ridete) e le recensioni positive non facevano altro che alimentare il mio sogno.

Sfornavo un capitolo al giorno ed ero felice, perché la mia storia era un grande successo e io cominciavo a sentirmi una scrittrice a tutti gli effetti.

Ma si sa, qualcosa doveva pur andare storto.

LA PRIMA DELUSIONE

Qualcuno osò lasciarmi una recensione diversa da tutte le altre. Era di una ragazza poco più grande di me, Copilote, che diceva che la mia storia era sì originale, ma che era superficiale (prima stilettata), che non approfondivo per niente i contenuti (seconda stilettata) e che la scena del motorino, una delle mie preferite, era improbabile (quella fu la stoccata definitiva).

Se volete leggere la recensione originale, eccovela servita (la terza, di Copilote).

Non badate alla risposta cordiale che le diedi: ero incavolatissima. Come si era permessa una tipa qualunque di offendere il mio capolavoro? Pensai che aveva detto un mucchio di stupidaggini, e che sì, forse la storia aveva qualche difettuccio, ma non tutti quelli che aveva elencato lei.

Nella mia testa, per almeno un paio di giorni, continuarono a rincorrersi tutti questi pensieri. Che la mia storia era perfetta e che era lei a non capire, che se non le piaceva poteva non leggerla (alzi la mano chi non si è sentito rispondere così a una recensione negativa), che le mie scene non solo erano possibilissime, ma addirittura emozionanti.

Più la rileggevo e più pensavo che non avevo certo bisogno che qualcuno mi dicesse che dovevo migliorare o come farlo; in fondo, ero capace di notare da sola le pecche della mia storia, no? A che mi servivano le parole di una tipa qualunque?

Come dicevo, tutto questo durò un paio di giorni…

… fino a che il fuoco non si spense.

MOMENTI DI RIFLESSIONE

La sua recensione fu per me una cocente delusione. Era la prima volta che mi esponevo al grande pubblico e avevo fatto fiasco. Perché non importava quante belle recensioni avessi ricevuto: io sapevo che c’era qualcosa che non andava in quella storia, ma speravo che nessuno se ne accorgesse e che le persone continuassero a riempirmi di complimenti.

Invece, per la prima volta, ero stata criticata. E la critica era stata anche esposta in modo maturo, non per denigrare me o la mia storia, e questo mi faceva arrabbiare ancora di più, perché non avevo nemmeno una scusa per ignorarla.

Continuavo a ripensare a quella recensione, a come mi aveva stroncato e a come invece non lo avevano fatto tutte le altre. Pensavo che doveva pur significare qualcosa, se solo una persona mi aveva fatto notare che il mio testo aveva dei problemi.

In poche parole, non riuscivo ad accettarlo.

Nel momento in cui la rabbia svanì, l’istinto lasciò spazio alla ragionevolezza. Trovai il coraggio di rileggere la recensione e di esaminare quanto mi aveva scritto. E, ancora più importante, trovai la forza per dare un giudizio obiettivo alla storia e di capire che Copilote aveva ragione.

Senza saperlo, stavo facendo sedimentare in me la prima qualità di ogni scrittore: l’umiltà.

L’umiltà di accettare anche pareri in contrasto col nostro, di esaminarli, di capire se ci possa essere del vero e, in caso affermativo, di prendere la storia e di correggerla dove necessario.

Correggere non è un processo semplice: significa rimettere in discussione il nostro testo e noi come autori, di sforzarsi e faticare affinché quella pecca sparisca, di sottoporsi ancora al giudizio di quella persona che non aveva apprezzato.

Dentro di me, continuavo a ripetermi che quella critica non l’avrei ascoltata; ma al capitolo successivo diedi una marea di attenzioni in più, ci misi più introspezione, più pensieri, anche se oggi mi appaiono infantili. Questo fu il risultato. Certo, a rileggerlo ora fa abbastanza ridere, ma quel capitolo, per me, rappresenta la mia crescita come scrittrice e ci sono davvero molto affezionata.

Copilote commentò anche quel capitolo ed espresse tutta la sua soddisfazione, perché finalmente sapeva cosa pensava il protagonista ed era riuscita a immergersi maggiormente nel suo personaggio. Questo mi rese felice; e mentre pensavo con convinzione che l’avevo fatto solo per lei, io sapevo che lo avevo fatto principalmente per me.
Ero cresciuta, come autrice e come persona. Non ero ancora arrivata al risultato sperato, ma, senza saperlo, avevo fatto un bel salto di qualità.

Ho un solo rammarico, in tutta questa faccenda. Copilote si offrì di darmi dei consigli in privato – quello che oggi è il beta-reader, per intenderci -, ma io, con la mia spocchia, rifiutai.
Oggi come oggi penso che, se avessi accettato, sarei sicuramente una scrittrice migliore.

Ho provato a ricontattare, dopo tanti anni, quella ragazza che mi diede la spinta giusta per diventare una scrittrice.
Non sono riuscita a raggiungerla.
Probabilmente ha cambiato indirizzo e-mail e non bazzica più su EFP, ma una cosa è certa: avrà per sempre la mia gratitudine.

Grazie a quella ragazza e alla sua critica, ho imparato cos’è l’umiltà; e oggi, senza troppe pretese, sono qui a raccontarlo a voi.

Se un giorno passerai di qui, Copilote, sappi che questo messaggio è solo per te:

Grazie.

CONCLUSIONI

Se Copilote quel giorno non fosse inciampata nella mia storia, penso che sarei una scrittrice assai mediocre – non che sia il nuovo caso letterario, s’intende.
Sono convinta che, se uno scrittore non possiede l’umiltà per accettare le critiche e mettersi in discussione, difficilmente riuscirà a migliorare. Rimarrà sempre chiuso nel suo mondo e continuerà a ripetere i suoi errori all’infinito, proprio perché non accetta di avere qualche punto su cui lavorare. Corre così il rischio di rimanere sempre uguale a se stesso, di galleggiare perennemente nella mediocrità.
Certo, accettare le critiche non è cosa facile.
Ammetto, in tutta onestà, che commenti negativi mi feriscono ancora oggi, anche se ormai sono passati più di dieci anni da quel lontano 2005. L’unica differenza è che smaltisco la delusione molto più in fretta e mi rendo subito conto di quanto le parole di un occhio esterno possano aiutarmi a rendere la mia storia migliore.
Se devo essere sincera, non credo che sia davvero possibile non provare delusione per una critica – specie quando riguarda errori di distrazione di cui non ti eri accorta nemmeno dopo centomila riletture -, ma penso che sia possibile trovare un buon equilibrio tra il tempo di rimanerci male, come lo chiamo io, e quello in cui ci si rialza.

Insomma, l’umiltà è una qualità che va allenata. Il risultato non sarà perfetto, ma, fidatevi, vi farà fare un balzo di qualità enorme in pochissimo tempo.

E voi come prendete le critiche? Qual è stata la peggiore mai ricevuta, e come avete reagito? Sono curiosa! 😉

Be Sociable, Share!

Comments

comments