Show don’t tell – Raccontare vs Mostrare – Atto Secondo

Come pochi di voi ricorderanno, circa un anno fa vi ho intrattenuti con mie riflessioni sullo Show don’t tell (Qui potrete rinfrescarvi la memoria). Devo dire che all’epoca mi ero fogata veramente tanto con questa tecnica, la ritenevo la via della scrittura.

È passato un anno, ho sperimentato la tecnica e ho avuto il tempo per trarre le mie conclusioni. Come qualcuno avrà notato, i primi capitoli di Naughty Blu (Riflessi e Abitudini) sono scritti con questo stile, almeno in parte. Però, almeno per quel che riguarda il mio modo di scrivere, sentivo che c’era qualcosa che mancava. I capitoli mi piacevano per lo stile, ma i personaggi non riuscivo a sentirli miei.
E ho capito che per conoscerli davvero, i miei personaggi, ho bisogno di perdermi in loro. Nei loro pensieri, nei loro dolori, anche quelli che a volte, con i soli gesti, non si riescono a esprimere.
Ritengo che sia ugualmente brutto raccontare i loro drammi, se fatto in misura massiccia. E quindi, credo di aver trovato una via di mezzo.

Cerco di mostrare, per quanto posso, le loro emozioni: se sono arrabbiati sbattono i pugni sul tavolo, se sono imbarazzati abbassano lo sguardo e così via. Ma ho capito che non riesco a limitarmi a questo. Perciò, ho cominciato a dar sfogo alle loro voci attraverso i dialoghi. Sono loro stessi che parlano agli altri personaggi dei loro disagi. È quindi un sentimento che viene espresso esplicitamente ma senza annoiare – si spera – il lettore con lunghi polpettoni di pippe mentali. Per ora ho trovato questo sistema totalmente adatto al mio stile di scrittura, e penso che, fino a quando non cambierò idea, continuerò a usarlo.

Un esempio pratico: nel nuovo capitolo di Naughty Blu, viene introdotto il personaggio di Madison, giovane pianista costretta a suonare contro la sua volontà. Per far capire al lettore quanto Madison odi quello strumento, l’ho sia detto esplicitamente (attraverso il Carnevale di Schumann, un paio di battute essenziali con i genitori e un mio raccontare), sia attraverso i dialoghi e la reazione nell’incontro con Ashton. Sentivo che avevo bisogno di entrambi i mezzi. Ho sia raccontato che mostrato.
In definitiva, per me, la via giusta sta nel mezzo 😛
E voi, che tecnica usate? 🙂

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