Erano ormai due giorni che si trovavano in quella foresta. Ma Legis non era affatto tranquillo. Era stato “finalmente” convocato da un sottoufficiale del Comandante Magister, e sapeva bene che cosa lo aspettava. E infatti, dopo pochi minuti, il sottoufficiale tornò, conducendolo nella ampia e confortevole tenda del Comandante.
« Si sieda, Tenente Legis. »
Il Comandante indicò una poltrona davanti a lui, e Legis accolse il suo consiglio. Tentò di non tradire alcuna emozione, ma sentiva il cuore a un passo dall’uscirgli dal petto e le gambe molli. Il Comandante lo fissò per alcuni istanti, in silenzio, dopodiché estrasse un foglio. Legis dette una rapida occhiata: sembrava un dossier.
« Questa » disse il Comandante indicando il foglio « è la persona che stiamo cercando. Alcuni sostengono che sia una bambina, altri un’adolescente. » Il Comandante buttò la schiena indietro sulla poltrona. « Ma questo non ci interessa. Tenente Legis » e a questo richiamo Legis si drizzò « le affido il compito di trovarla. »
La mente di Legis viaggiò alla velocità della luce. Pensò subito che trovarla era la parte meno difficile; l’avrebbe consegnata, e avrebbe trovato poi un modo per farla scappare.
« E… » proseguì il Comandante, destando Legis dai suoi pensieri. « di ucciderla. »
Legis rimase ammutolito. Il Comandante gli aveva appena ordinato di uccidere la ragazza che occorreva per il grande Progetto? Era forse impazzito?
Il Comandante rise.
« Caro, caro Legis. Non devono interessarti i dettagli. Devi ucciderla. Non mi interessa come e quando, devi solo farlo. E come prova » disse il Comandante, avvicinandosi alla scrivania « voglio la sua testa. E se non avrò la sua, avrò la tua. »
Il Comandante si rimise comodo, dopodiché si accese un sigaro.
Legis annuì, si congedò e uscì nuovamente nella foresta. Si portò in disparte dai suoi compagni; voleva pensare da solo. La sua mente ricominciò a perdersi in un groviglio: ovviamente non se la sentiva di commettere un omicidio, ma disubbidire all’ordine avrebbe significato la sua morte; e dato che lui era l’unico a conoscenza del progetto e in grado, anche solo in minima parte, di fermarlo, non poteva permettersi di morire. Certo, avrebbe potuto trovare la ragazza e vagabondare con lei; in qualche modo avrebbe eluso la strettissima sorveglianza del Commando, che si trovava in ogni dove.
Sì, avrebbe fatto così. Ricordava bene le parole della lettera – “Ricordandole che da ora in poi fa parte del Progetto e che dunque ogni tentativo di sommossa, ribellione, ammutinamento o divulgazione saranno punite con la massima pena…” – ma non ebbe dubbi. Doveva solo partire alla ricerca della ragazza. E non c’era tempo da perdere: si incamminò verso la sua tenda pensando alle cose da portar via.
« Ehi, salva-vecchiette! Dove vai tutto di corsa? »
La voce alla sue spalle – che riconobbe essere, purtroppo, di Joe – lo costrinse a fermarsi.
« Che vuoi, Joe? »
L’uomo si avvicinò, e gli fece un sorrisetto.
« Quanto astio, caro Tenente. E invece mi sa che da oggi in poi dovrai trattarmi meglio, se non vuoi farti venire troppa bile. »
Legis aggrottò le sopracciglia.
« Già, caro Tenente. Il Comandante mi ha dato ordine di partire con te. Vedo che stai facendo i salti di gioia. Io invece, caro Tenente, sono proprio contento. Almeno vedo di tenerti d’occhio. Tu non mi convinci, e lo sai. E adesso muoviti e vai a fare le valigie! »
« Non permetterti di darmi ordini! »
Joe si avvicinò ancora di più.
« E invece mi permetto. Cosa farai sennò, rapporto al Comandante? »
Legis fece per ribattere, ma si trattenne. Sarebbe veramente dovuto partire con Joe? Si avviò verso la sua tenda: non voleva sentire altro da lui.
E ora, cosa ne sarebbe stato del suo piano, con quel mastino alle calcagna?