Il problema della coerenza stilistica all’interno di una storia

L’articolo di oggi riguarda la coerenza stilistica, cioè la capacità di un autore di mantenere, per ciascun personaggio, uno stile coerente con la sua caratterizzazione, dall’inizio alla fine della storia.

Affinché ciò possa avvenire, è necessario, prima di tutto, stabilire uno stile adatto al personaggio che si sta trattando.

Ma come si fa a definire lo stile di un personaggio? E come si può fare per mantenerlo coerente per tutta la durata della storia?

LO STILE È L’ESSENZA DEL PERSONAGGIO

Nel momento in cui andiamo a stendere una storia, uno dei primi aspetti a cui pensiamo sono proprio i personaggi. Essi potranno avere un carattere più o meno definito, ma possiederanno sicuramente alcuni tratti che permettono di distinguerli dagli altri protagonisti della storia.
Per poter definire lo stile di un personaggio, è necessario quindi individuare gli aspetti caratteristici della loro persona, perché saranno quelli che, con ogni probabilità, guideranno il loro modo di pensare e di parlare.

Dato che un esempio vale più di mille parole, prendiamo in considerazione una ragazza educata e dai modi compiti che cerca di farsi largo tra una folla. Molto probabilmente, eviterà di dare spintoni e, anzi, passerà solo nel momento in cui vedrà un varco abbastanza spazioso per lei. Per cercare di attirare l’attenzione, potrebbe dire qualcosa del tipo:

Permesso? Dovrei passare. Scusatemi.

Se la ragazza fosse stata meno educata, forse avrebbe detto qualcosa come:

Oh, vi spostate? Devo passare! E levatevi!

condito con casuali spintoni alle persone lì vicino e qualche imprecazione appena sussurrata.

Come dicevamo, quindi, lo stile di un personaggio riflette la sua caratterizzazione. Il secondo dialogo non sarebbe andato bene per la prima ragazza e viceversa.
In questo caso, ho riportato solo l’esempio di un dialogo e non dei pensieri della ragazza, ma a questo proposito occorre fare una precisazione sulle parti della storia dove è necessario utilizzare uno stile apposito per quel personaggio e dove invece non serve.
Infatti:

  • Se la storia è scritta in prima persona, è necessario che lo stile del personaggio emerga sia nei dialoghi, sia nei pensieri;
  • se la storia è scritta in terza persona, è necessario che lo stile emerga solo in presenza di dialoghi.

Nel caso della terza persona, infatti, il narratore sarà onnisciente e dovrà quindi mantenere uno stile omogeneo, indipendentemente dal personaggio che sta trattando in quel momento; il suo compito sarà quello di utilizzare uno stile appropriato solo in presenza di dialoghi.
Continuando con l’esempio della ragazza non troppo educata, infatti, in terza persona la scena potrebbe somigliare a qualcosa del genere:

Se non fosse arrivata in tempo al binario, Madison avrebbe perso il treno. Cominciò a correre più veloce che poteva, studiando i varchi che le avrebbero permesso di passare. Ne individuò uno e ci si buttò, ma un gruppo di adolescenti le bloccò la strada.

Tirò una gomitata a uno di loro e uno spintone al ragazzo che gli stava accanto, ma non volevano saperne.

– Oh, vi spostate? Devo passare! –

I due ragazzi si girarono intontiti verso di lei, che li allontanò da sé con entrambe le mani.

– E levatevi! Sempre tutti tra i piedi, oh! –

Chiaramente, una scena del genere in prima persona non avrebbe retto. Lo stile del narratore è troppo distaccato e oggettivo per essere espressione del carattere e della fretta che Madison ha in quel momento.
Nel caso della prima persona, infatti, si potrebbe scrivere la scena in questo modo:

Cinque minuti e il treno partirà. Ma quanta gente c’è? Dovevano arrivare proprio tutti ora? Sto correndo troppo e i polpacci mi fanno male da morire, ma devo assolutamente salire su quel cavolo di treno.

Scanso con abilità una nonnetta – Dio, quanto sono lente! -, dribblo una mamma col bambino – cheodiocheodiocheodio – e finalmente lo vedo, il mio treno!

Sulla destra c’è un percorso libero e mi ci fiondo. Corro, evito valigie, salto borsoni e, senza fiato, scorgo la carrozza su cui devo salire.

Vedo però anche la testa di un tizio. Di due tizi. Tre, quattro, quanti sono?

No, cavolo, toglietevi!

Gomitata a uno, spintone a un altro.

– Oh, vi spostate? Devo passare! –

Non-si-spostano! Via, via! Cavolo!

Due spintoni piazzati bene e i due si girano.

– E levatevi! Sempre tutti tra i piedi, oh! –

Come potete notare, qui è stato fatto un lavoro sia sui dialoghi che sulla narrazione dei pensieri di Madison. È molto facile cadere nel tranello di usare una prima persona come una terza, ma è altrettanto vero il contrario: quando si utilizza un narratore onnisciente, lo stile con cui si descrivono i fatti deve essere uguale per tutti. Nel momento in cui si utilizza una terza persona che si adatta un po’ troppo al personaggio in questione, forse è il caso di valutare il passaggio in prima.

LA COERENZA STILISTICA PER CIASCUN PERSONAGGIO

Una volta stabilito uno stile per ciascun personaggio (o anche di uno solo, nel caso non si tratti di una storia corale), è necessario che l’autore sia capace di mantenerlo per l’intera storia.

Ma cosa significa, esattamente, mantenere la coerenza stilistica?

In linea di massima, significa che lo stile con cui si esprime un personaggio deve sempre essere in linea con la sua caratterizzazione. Spesso questo implica che un personaggio mantenga il proprio stile per l’intera storia, ma è anche plausibile che ci sia un cambiamento.
Se la nostra storia parlasse di una Madison che è compita ed educata solo perché porta una maschera, sarebbe verosimile che all’inizio della storia chieda gentilmente di passare e che, alla fine, tiri qualche gomitata e lanci qualche imprecazione.
Se però la nostra ragazza è per natura una persona compita e non cambia questo aspetto durante la storia, mi aspetto che ordini al ristorante dicendo:

Gradirei una pizza margherita, grazie.

e non:

Voglio una margherita. Sottile, eh! E senza cornicione.

e che lo faccia a pagina 2 come a pagina 300.

Nel momento in cui ciò non accade, ci deve essere una motivazione. Perché Madison ha cambiato il suo modo di parlare tra la pagina 2 e la pagina 300? Siamo in grado di dare una risposta a questa domanda?

HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA

Se non siete in grado di rispondere alle domande sopra, forse è il caso di fermarsi un attimo.
Avete cambiato stile solo perché quello nuovo vi piaceva di più? O addirittura lo avete cambiato senza una motivazione particolare?
In ogni caso, sappiate che il vostro lettore si troverà completamente spiazzato. E, a questo punto, farà uno dei gesti con cui nessun lettore si dovrebbe mai scontrare: tornare indietro nel libro. Comincerà a sfogliare le pagine precedenti, chiedendosi se non si sia perso qualcosa o se non abbia letto con poca attenzione. Cercherà e cercherà, per poi stancarsi dopo poco e continuare la lettura con l’amaro in bocca, continuando a chiedersi perché il personaggio abbia cominciato a esprimersi così senza alcun motivo.
Quando arriverà a chiudere il libro, l’unica opinione che gli rimarrà in mente sarà il fatto che il vostro personaggio era caratterizzato male e che, di punto in bianco, è cambiato senza un motivo apparente.

Certamente, e lo ripeto, se siete in grado di giustificare le vostre scelte, allora va bene tutto. Va bene anche che Madison si metta a parlare in un modo poco garbato, se mi dite che ha gettato la maschera e che si è mostrata per ciò che è veramente.
L’importante è scriverlo. Non date nulla per scontato, mai. E se qualcuno vi dovesse fare osservazione, assicuratevi che la scena del cambiamento sia descritta davvero in modo accurato, perché mi rendo conto che, in quanto autori, diamo molti fatti per scontati, quando in realtà non lo sono.

A questo proposito, vi riporto l’esempio di “Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami (e sì, mi duole davvero utilizzarlo come esempio per un articolo del genere).
Questo libro è scritto in prima persona dal punto di vista di un quindicenne, quindi mi aspetto che lo stile utilizzato sia adatto a lui e che sia coerente per tutta la storia (quantomeno nelle prime quaranta pagine, che sono quelle che ho letto per ora).
Il punto è che, a pagina 11, durante la notte del giorno X (non è importante sapere quale), mi ritrovo la seguente descrizione:

“Poi osservo attentamente la mia faccia nello specchio sul lavandino. Vedo la faccia i cui tratti ho ricevuto in eredità da mio padre e da mia madre (…). Per quanto io desideri, non posso eliminare le lunghe e folte sopracciglia, con al centro un solco profondo, che con ogni evidenza ho ereditato da mio padre.”

Tralasciando il terribile escamotage dello specchio (di cui avevamo parlato qui), a mio parere è una descrizione piuttosto elaborata per un neo-quindicenne, specie dei giorni nostri, ma tutto ci può stare.
Il problema sorge quando, a pagina 21, durante la mattina del giorno X, Murakami mi rifila una descrizione del genere:

I lineamenti del viso a essere sinceri sono piuttosto strani. (…) La fronte molto ampia, il naso piccolo e rotondo, le guance lentigginose. Per non parlare delle orecchie appuntite. (…) Ai lobi delle orecchie porta dei sottili orecchini di metallo (…). I capelli, tinti di un castano intenso (quasi rosso), le arrivano alle spalle e indossa una camicia a maniche lunghe con collo a barca. Ha sulle spalle un piccolo zaino di pelle (…). Ha una minigonna corta color crema, e non porta calze.

Lo stile di queste due descrizioni mi è apparso completamente diverso.
Nel primo, si dà voce a un ragazzino di quindici anni che forse ne dimostra anche diciassette o diciotto; nel secondo sembra che parli effettivamente un quindicenne, ma la costruzione delle frasi è decisamente più semplice della prima descrizione e utilizza anche un lessico in gran parte più basso (intervallato però da alcuni termini troppo altisonanti).
In definitiva, sembra che il personaggio sia in qualche modo “regredito” nel giro di una notte e che la sua capacità espressiva si sia drasticamente ridotta.
Non so ovviamente se questo sia un problema dell’autore o del traduttore, ma in ogni caso trovo che sia un ottimo esempio per esporre il concetto della coerenza stilistica tra una pagina e l’altra del romanzo.

Per riassumere, quindi, a ogni cambio di stile corrisponde un cambio nella caratterizzazione del personaggio. Se cambiate stile senza cambiare caratterizzazione, allora è il caso di riguardare il vostro lavoro.

UN PICCOLO ESERCIZIO

A questo punto, starete osservando la vostra storia e vi starete chiedendo se siate riusciti a dare uno stile al vostro personaggio e a mantenerlo per tutta la storia.
Per verificare il primo aspetto, potete cimentarvi in un giochino molto simpatico, che certamente vi darà nuova grinta se riuscirete a portarlo a termine correttamente.

Il gioco è questo: immaginatevi una situazione, una qualunque, e fatela affrontare a tutti i vostri personaggi, uno per uno. Ognuno di loro dovrà reagire a tale situazione con una frase pronunciata ad alta voce.

Riuscite a trovare una frase caratteristica per ciascun personaggio? E queste frasi quanto sono diverse tra loro?

Quando l’ho fatto io, la situazione era questa: al culmine di una lite, un personaggio, Jack, domanda a un altro personaggio, Alan, la seguente cosa: “Perché non vuoi mostrarmi il libro?!”.

  • Alan, che è tizio per bene e che si scompone davvero molto poco, risponde: “Perché il tuo atteggiamento mi irrita!”;
  • Hank, un altro personaggio della storia, decisamente sboccato, avrebbe risposto: “Hai rotto il cazzo, tappati quella fogna!”;
  • La solita Madison, fanciulla dai modi raffinati, avrebbe esclamato: “Adesso basta!”, con i pugni chiusi e un gridolino;
  • Ashton, un tipo piuttosto pungente, avrebbe detto: “Senti, preferisci che te lo sbatta in testa o che te lo faccia cadere su un piede?”, il tutto accompagnato da un radioso sorriso;
  • Nathan, che in questa storia dava risposte piuttosto secche, lo avrebbe gelato con: “Smettila. Mi hai scocciato.”

Come vedete, sono risposte molto diverse tra loro e che esprimono, per quanto possono, il carattere del personaggio.

Vi dirò di più: se riuscirete a portare a termine l’esercizio in modo soddisfacente, alla vostra storia accadrà quella che io considero una piccola magia: sarete in grado, infatti, di scrivere una sequenza di soli dialoghi senza la necessità di precisare chi sta parlando in quel momento.
Quando questo accade, è segno che avete fatto un buon lavoro ed è una sensazione che dà veramente tanta soddisfazione (un toccasana per quelli di voi che hanno perso l’ispirazione).

E voi, come ve la cavate con la coerenza stilistica? Riuscite a star dietro ai cambiamenti dei vostri personaggi?

Alla prossima!

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